mercoledì 25 settembre 2013

Voto contro i VOTI.


Già, a che servono i voti, ve lo siete mai chiesto?
Io ho iniziato a chiedermelo un paio di anni fa, grazie ad alcune letture*.
Ma prima di allora non avevo mai pensato ad una scuola senza voti. Seppure, ripensandoci: quanto disagio, quanta umiliazione nel sentirsi valutati, pesati, giudicati, paragonati gli uni agli altri in maniera insindacabile - spesso senza diritto al contraddittorio o all'appello - e  per di più da parte di giudici che, a loro volta, non potevano essere sottoposti ad alcun giudizio.
 
Ricordate anche voi quella sensazione?

Ma mai che mi sia venuta in mente la possibilità di una scuola senza voti! 
 
Perché???

Perché, pur senza chiedercelo, sappiamo benissimo a cosa servono i voti.
I voti servono ad ottenere, con il minore sforzo possibile da parte degli insegnanti, il maggiore impegno possibile da parte degli allievi.
Servono ad ottenere una rassegnata passività; una forzata accettazione del COSA fare, QUANDO farlo e COME farlo.
Servono a spostare sui bambini e sui ragazzi la responsabilità della loro inadeguatezza ad adattarsi ad un sistema scolastico, troppo spesso, inadeguato.
 
I voti (sia quelli buoni che quelli cattivi) sono il motivo principale che ha spinto e continua a spingere, generazioni intere di studenti, a studiare, studiacchiare, provare a recuperare in vista di un'interrogazione o di un compito in classe.
I voti sono la motivazione esterna che spinge gli studenti ad applicarsi (chi più chi meno) allo studio dello stesso argomento, nello stesso momento, leggendo lo stesso testo in vista della stessa verifica. Detto così non sembra un sistema assurdo?
Detto così a me fa paura. Fa paura che si abituino, i nostri bambini e ragazzi, ad accettare passivamente - in nome di un'obbedienza acritica -  un obiettivo esterno, calato dall'alto (ovvero i voti, la promozione, addirittura la competizione), rinunciando silenziosamente e definitivamente ai propri obiettivi interni.
Questo comporta per lo meno due conseguenze: la prima è quella di abituarsi ad essere passivi,  obbedienti, acritici, impauriti all'idea di sbagliare, dipendenti dal giudizio esterno.
La seconda è quella di abbandonare, giorno per giorno, passo dopo passo, i propri obiettivi interni, spesso perdendo per strada se stessi e  i propri sogni. 
 
Davvero serve la promessa del successo o la minaccia del fallimento per costringere i bambini ad imparare?
Chiunque abbia avuto a che fare con i bambini, sa quanta attenzione, quanta passione, quanta partecipazione, quanto entusiasmo mettano in qualsiasi cosa li interessi.
E ancora, chiunque abbia a che fare con i bambini, sa quanti e quanto vari siano i loro interessi.
E' nella loro stessa natura essere curiosi e ricettivi e non smetterebbero di esserlo - non smetteremmo di esserlo! - se non venisse instillata la falsa convinzione che senza il bastone e la carota nessuno apprenderebbe nulla.
I bambini sono pieni di entusiasmo, non distinguono fra vita e apprendimento: la vita è apprendimento... per lo meno fino al primo giorno di scuola: da lì in poi, vita e apprendimento sembrano viaggiare su piani paralleli.
 
I voti,  non sono altro che il cane pastore a guardia del gregge. Eppure i bambini non sono pecore e non credo che vorremmo mai che lo diventassero! Perché, dunque, dovrebbero servire il cane da guardia e il pastore?

Per una scuola che non assomigli ad un ovile, credo che servirebbe un cambiamento radicale di prospettiva, che metta finalmente il bambino al centro. Gli adulti non più nel ruolo di insegnanti direttivi e giudicanti, ma nel ruolo di facilitatori, al fianco di ogni bambino per accompagnarlo in un percorso di apprendimento il più  personalizzato possibile. Un percorso dove ciò che conta non siano  più i voti, ma solo il senso di ciò che si va facendo.
E dove l'inevitabile competizione - derivante dalle valutazioni - venga sostituita dall'esercizio di una sana collaborazione.

Penso sia possibile. Ne sono certa. Basterebbe crederci. Basterebbe volerlo.
 
Noi ci proviamo da homeschoolers!

 
*"Amarli senza se e senza ma" di Alfie Kohn
 







2 commenti:

  1. Cara ... tutto sacrosanto.
    Ma perché le pecore vengono tenute da un pastore e da un cane?
    Loro starebbero benissimo a farsi la loro vita per i fatti loro. (E a dire il vero non mi dispiace il paragone con un piccolo ovino libero, siamo noi che ne facciamo greggi...).
    Dunque perché?
    Beh ma per ricavarne qualcosa, ecco perché. Perché servono, hanno un ruolo ed uno scopo nella produttività.
    Tutto si spiega.
    Odio fare la complottista, ma con il tuo paragone me l'hai chiamata ;)
    Credo che difficilmente la nostra società vorrà una scuola senza voti e senza cane pastore. Non sarebbe mai altrettanto produttiva.
    Però, certo, nel cambiamento spero sempre :).
    Buona avventura, ragazzi.

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  2. e già... condivido con te. Basterebbe volere, ma non si vuole. Noi si, però! Noi vogliamo e ci proviamo! Un abbraccio.

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